Il termine “malocclusione” si riferisce a qualunque grado di irregolarità nel contatto dei denti dell’arcata superiore con quelli dell’arcata inferiore. Le deformità scheletriche congenite sono condizioni presenti dalla nascita e sono in genere dovute a fattori genetici. Per capire che cosa costituisce una deformità, è però necessario comprendere che cosa costituisce gli standard generalmente accettati di normalità. Per determinare l’esatta natura di un profilo, il dentista osserva il modo in cui i denti superiori e inferiori si allineano quando le due arcate, superiore e inferiore, si chiudono.
Malocclusione normale
Morso incrociato
Morso incrociato unilaterale
Overbite (malocclusione classe II divisione 1)
Deep bite (malocclusione classe II divisione 2)
Underbite (malocclusione classe III)
Le deformità trattate dall’ortodonzia sono provocate da fattori ambientali o da abitudini errate, ma anche da altri errori fisici quali per esempio l’incapacità di respirare dal naso o la presenza di problemi allergici, o dal mancato sviluppo di alcuni denti. Queste deformità sono spesso associate a un’arcata dentale superiore molto stretta e/oppure da un morso anteriore aperto. Questa categoria comprende anche i denti sovrapposti poiché in questo caso si crea una discrepanza tra la dimensione dei denti e quella dello spazio disponibile nelle arcate dentali. Spesso, tutti questi problemi si presentano in combinazioni variabili, e talvolta non è possibile distinguerli nettamente uno dall’altro. Ogni paziente rappresenta perciò un caso unico, che deve venire trattato individualmente con piani di cura personalizzati.
La classe II definisce la deformità scheletrica, o deviazione dalla norma, più diffusa. Questa occlusione (C) è caratterizzata dal mento sfuggente (mandibola retrognatica), con un profilo tipico. Per quanto in sé questa caratteristica sia una deformità, essa può essere particolarmente attraente in alcune donne poiché l’aspetto complessivo del viso spinge l’attenzione di chi guarda verso gli occhi, e può rendere conto di quel particolare aspetto “tutto occhi” che alcune donne possiedono. Ma per quanto attraente, questo tipo di occlusione porta con sé problemi funzionali che riguardano la posizione degli incisivi, i denti frontali centrali. Spesso gli incisivi inferiori non toccano quelli superiori quando i denti posteriori si congiungono tra di loro, fatto che consente agli incisivi inferiori di spingersi verso le gengive in maniera anomala, e a quelli superiori di assumere un aspetto allungato che non di rado supera i limiti del labbro superiore.
Le deformità della classe III conferiscono un aspetto prognatico (mandibola prognatica), con la tipica sporgenza del mento (D). Il fenomeno è imputabile a uno sviluppo eccessivo della mandibola oppure a uno sviluppo insufficiente della mascella. Questo profilo non è in genere considerato attraente nelle donne, ma lo può essere nell’uomo in quanto può conferire un’aria “più virile”. È infatti associato all’immagine del “duro” protagonista dei film americani degli anni ’40, e conferisce un tipico aspetto mascolino tanto apprezzato nei giocatori di calcio dei nostri giorni. Come per le occlusioni di classe II, anche questo profilo è associato a problemi estetici e funzionali. Gli incisivi inferiori, posti davanti a quelli superiori, possono crescere fino a raggiungere lunghezze antiestetiche. Questo profilo si associa in genere alla tendenza a non mostrare i denti superiori quando si parla o si sorride. In casi estremi, la masticazione può diventare davvero problematica, poiché mentre i profili di Classe I e II possono protrudere la mandibola per mordere un alimento, è impossibile per un profilo di Classe III far arretrare la mandibola per far sì che i denti frontali delle due arcate si incontrino.
La malocclusione deve venire valutata e trattata in quanto è fonte di problemi con la masticazione, la salute del tessuto gengivale, l’articolazione mandibolare, lo sviluppo del linguaggio, e infine, ultimo ma non per questo meno importante, l’aspetto complessivo del viso. La correzione interviene sui denti, sul morso e su mascella e mandibola.
La malocclusione non ha una causa unica ma è il risultato di una serie di fattori genetici e ambientali. I bambini che si succhiano il dito oltre i cinque anni di età sono a maggior rischio di malocclusione, così come lo sono i bambini con uno spazio ridotto tra i denti primari (denti di latte) che impedisce il corretto posizionamento dei denti definitivi, che richiedono più spazio.
La radiografia e l’impronta delle arcate rappresentano i mezzi elettivi di conferma della diagnosi effettuata con la semplice valutazione visiva. Il trattamento ortodontico specifico per la malocclusione del bambino viene determinato in base all’età, alle condizioni generali di salute, alla storia medica, alla gravità della condizione, alla tolleranza a farmaci, procedure o terapie specifici, alle aspettative sul decorso della condizione, alle preferenze dei genitori. Talvolta il trattamento viene effettuato in fasi successive in funzione dell’estensione della malocclusione, e talvolta è necessario estrarre i denti di latte per far spazio a quelli definitivi, che a loro volta è indispensabile, per quanto raramente, sacrificare.
Gli altri trattamenti possono comprendere la chirurgia ortognatica (chirurgia maxillo-faciale) quando è necessario intervenire chirurgicamente sulla mascella per correggere il morso e sono coinvolte le ossa, l’uso di un apparecchio ortodontico rimovibile, l’uso di un apparecchio ortodontico fisso. In tutti i casi è indispensabile un’igiene meticolosa, regolare, completa, sia del cavo orale, sia dell’apparecchio.





