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La carie: origine, sviluppo e cura

Cos'è la carie e come si forma? La carie dentale è una malattia degenerativa dei tessuti duri del dente, smalto e dentina. E' provocata da alcuni batteri che, fermentando gli zuccheri introdotti con i cibi, producono acido lattico. L'acido scioglie lo smalto, lo strato che ricopre la parte visibile del dente e che ha la funzione di proteggerlo. In questa prima fase la lesione ha l'aspetto di una piccola macchia bianca (nel linguaggio medico è infatti chiamata "white spot") e non facilmente riconoscibile se non da un esperto. 

Cos'è la carie e come si forma? La carie dentale è una malattia degenerativa dei tessuti duri del dente, smalto e dentina. E' provocata da alcuni batteri che, fermentando gli zuccheri introdotti con i cibi, producono acido lattico. L'acido scioglie lo smalto, lo strato che ricopre la parte visibile del dente e che ha la funzione di proteggerlo. In questa prima fase la lesione ha l'aspetto di una piccola macchia bianca (nel linguaggio medico è infatti chiamata "white spot") e non facilmente riconoscibile se non da un esperto.

Fattore #1: la carie è una malattia batterica

Lo sviluppo della carie richiede la presenza di una proporzione relativamente elevata di Streptococco mutans (S. mutans) nella placca dentale. I batteri dello S. mutans aderiscono molto bene alla superficie del dente, producono una quantità più elevata di acidi a partire dagli zuccheri rispetto a batteri di altro tipo, possono sopravvivere meglio di altri in un ambiente acido, e infine producono polisaccaridi extracellulari dal saccarosio (zucchero). A partire da una proporzione del 2-10% di S. mutans nella placca il paziente ha un rischio molto alto di sviluppare la carie, mentre quando questa proporzione è esigua (meno dello 0.1%), il paziente ha un rischio molto basso. Le infezioni da S. mutans sono tipiche dell’infanzia, e la trasmissione avviene molto spesso dalla bocca dei genitori o dei compagni di gioco. Proprio la tolleranza all’acidità di questo batterio rende la condizione acida della placca il terreno ideale per la sopravvivenza e la riproduzione dello Streptococco mutans. Allo sviluppo della carie nella dentina sono inoltre associati anche altri tipi di batteri, anch’essi acidogenici, tra i quali si contano molte specie di lactobacillus e di actinomyces viscosus.

Fattore #2: la carie dipende dal saccarosio dietetico (zucchero da tavola)

Lo zucchero che comunemente usiamo modifica sia lo spessore, sia la natura chimica della placca. Lo S. mutans e altri batteri della placca impiegano i componenti monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e l’energia del legame disaccaride del saccarosio per produrre polisaccaridi extracellulari. Questi aumentano notevolmente lo spessore della placca, modificando la natura chimica del suo spazio extracellulare da liquida a gelatinosa. Il gel a sua volta limita il movimento di alcuni ioni. La placca gelatinosa favorisce lo sviluppo di un ambiente acido contro la superficie del dente, relativamente protetto dalla saliva.La placca che non è mai stata a contatto con il saccarosio è invece sottile.

La saliva partecipa attivamente all'equilibrio e alla protezione della nostra bocca, le sue proprietà antibatteriche limitano la proliferazione dei batteri - la loro aggregazione e adesione - ed eliminano i microrganismi indesiderabili: del resto basta osservare come i cani si leccano con cura le ferite per convincersi del ruolo immunologico della saliva. Oltre a facilitare la dizione, la digestione e la protezione dell’equilibrio della nostra bocca, la saliva svolge anche un’azione riparatrice: le carie che attaccano i nostri denti sono il risultato della formazione di acidi che provengono dall’alimentazione. In questo processo la saliva svolge un ruolo essenziale, regolando il pH della bocca e limitando così gli attacchi acidi ai nostri denti. Gli ioni minerali contenuti nella saliva contribuiscono anche alla remineralizzazione dello smalto, contribuendo perciò a riparare i danni causati dagli attacchi acidi. Studi recenti hanno dimostrato che l’aumento del flusso salivare contribuisce a una buona salute dei denti, perché la saliva neutralizza gli acidi che li attaccano. Dopo mangiato, il pH della nostra bocca diventa acido e i rischi di carie aumentano. Per far risalire il pH esistono varie soluzioni, come lavarsi i denti, sciacquarsi la bocca o masticare una gomma senza zucchero. Molto stimolante per la produzione di saliva, quest’ultima soluzione è particolarmente interessante perché permette di unire l’utile al dilettevole, senza dimenticare che non si può sostituire al lavaggio dei denti, il gesto igienico essenziale.

Una dieta molto ricca di zucchero aumenta quindi in maniera esponenziale i rischi di carie. La placca più spessa tende ad accumularsi soprattutto in solchi e fessure, dando origine a lesioni proprio al di sotto dell’area di contatto, e nei pazienti dall’igiene orale negligente si accumula lungo il margine gengivale.

Fattore #3: la carie è regolata dalla frequenza dell’alimentazione

Ogni volta che i batteri della carie entrano in contatto con alimenti o bevande che contengono zuccheri semplici (monosaccaridi quali glucosio, destrosio, fruttosio - o disaccaridi quali saccarosio, lattosio e maltosio), essi li impiegano per i loro bisogni metabolici, producendo come scoria degli acidi organici. Se questi acidi non vengono “tamponati” dalla saliva tendono a dissolversi sulla superficie dei denti, provocandone la demineralizzazione. Nella placca più densa, il pH si abbassa drasticamente entro pochissimi secondi dal contatto con gli zuccheri alimentari, e può rimanere basso anche per le due ore successive. Quando invece il pH è neutro, i cristalli possono ricrescere utilizzando il calcio, i fosfati e il fluoro ceduti dalla saliva (remineralizzazione). La carie ha inizio (e progredisce) quando la demineralizzazione è superiore alla remineralizzazione. Perciò, mangiucchiare in continuazione aumenta il rischio di carie.

Fattore # 4: la carie viene modificata dal fluoro

Il minerale dello smalto, del cemento e della dentina è un sale di calcio chiamato “apatite”. Nei denti appena formati, l’apatite è ricca di carbonato, è relativamente povera di fluoro ed è parzialmente solubile. I cicli di demineralizzazione e remineralizzazione parziali in un ambiente ricco di fluoro creano apatite meno ricca di carbonato ma più ricca di fluoro, e meno solubile. L’apatite a basso contenuto di carbonato e ad alto contenuto di fluoro può essere fino a 10 volte meno solubile dell’apatite povera di fluoro e ricca di carbonato. Inoltre, il fluoro topico notoriamente inibisce la produzione di acidi da parte dei batteri della placca. Il fluoro presente negli alimenti e nelle bevande, quello contenuto nei dentifrici, nei gel e nei collutori può ridurre la solubilità del dente, contribuendo a diminuire il rischio di carie.

Fattore #5: la carie viene modificata dalla saliva

La saliva è un tampone naturale contro i livelli troppo elevati di acido nell’ambiente orale, ed è un bene che il suo flusso sia abbondante e costante, in quanto esso è in grado di mantenere un buon equilibrio tra demineralizzazione e remineralizzazione. Il flusso di saliva può essere compromesso da questi fattori:

  • patologia delle ghiandole salivari, per esempio in presenza di una malattia del tessuto connettivo;
  • radioterapia;
  • chemioterapia;
  • farmaci psicotropi;
  • disidratazione generale;
  • durante il sonno.

Masticare vigorosamente stimola la produzione di saliva, il cui flusso può essere misurato in modo molto semplice raccogliendo e misurando tutta la saliva prodotta in un periodo limitato di tempo, per esempio mentre si mastica una gomma; un flusso inferiore a 0.7 ml/minuto è indice di un elevato rischio di carie.

Nella pratica odontoiatrica dei nostri giorni, l’intervento del dentista deve essere minimamente invasivo e limitarsi a rimuovere solo la parte demineralizzata del dente; smalto e dentina parzialmente demineralizzati verranno invece conservati e rimineralizzati ove possibile. Questa prassi consente di preservare la struttura naturale del dente e di minimizzare i problemi estetici.

Un processo lento e inesorabile

Se la superficie del dente è liscia, e in assenza di rottura dello smalto e formazione della cavità cariosa, è possibile remineralizzare il dente con appositi nanocomplessi (CPP-ACP), in grado di penetrare nelle porosità dello smalto demineralizzato e di restaurare la lesione lungo tutta la sua profondità. Nei denti permanenti ci possono volere fino a quattro anni perché la demineralizzazione penetri tutto lo spessore dello smalto prossimale e sviluppi una cavità superficiale, e altri quattro anni circa perché essa raggiunga la polpa del dente. Questo processo è però molto più veloce in presenza di solchi e fessure, dove lo stress della masticazione forza verso l’interno la saliva ricca di batteri e la placca.

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