Denti del giudizio: toglierli o tenerli? Non sempre la natura fa le cose per bene: quasi tutti abbiamo i denti del giudizio, ma quasi nessuno ha lo spazio necessario per farli evolvere normalmente. In quali casi è meglio estrarli, e in quali conservarli? Come si svolge l’estrazione?
A volte i denti del giudizio non meritano il loro nome, e si intestardiscono a voler spuntare proprio là dove non c’è spazio. Ogni arcata dentale dispone di due incisivi centrali, due incisivi laterali, due canini, quattro premolari e quattro molari, disposti simmetricamente. In alcune persone questo scenario è completato dai denti del giudizio, che si formano durante l’infanzia. In genere sono quattro, ma alcuni ne hanno solo tre, altri due, altri solo uno, altri ancora non ne hanno. Tra gli 8 e i 10 anni di età lo spuntare dei denti è visibile radiograficamente, e a 25 anni è spuntato il 90% dei denti del giudizio che ha sufficiente spazio nell’arcata per emergere dalla gengiva e uscire allo scoperto. Tuttavia, alcuni tra questi invitati tardivi faticano a trovare un proprio spazio.
La bocca umana media contiene 32 denti, 16 sull’arcata superiore e 16 sull’arcata inferiore. I quattro primi molari spuntano all’età di circa sei anni, i quattro secondi molari attorno ai 12 anni, e i quattro terzi molari (o ottavi) compaiono verso i 17 anni (in una forchetta media compresa tra l’età di 15 e 25 anni), quando si diventa adulti, e per questo sono chiamati “denti del giudizio”. Se le arcate sono strutturate in modo da lasciare abbastanza spazio all’eruzione dei denti del giudizio la loro comparsa è un normale segno della crescita, ma poiché la maggior parte delle persone ha spazio solo per 28 denti, i successivi 4 tendono a essere inclusi o semi-inclusi. I denti del giudizio si considerano “inclusi” quando non hanno lo spazio fisico per spuntare e tendono perciò a crescere lateralmente (danneggiando il secondo molare), a emergere solo parzialmente attraverso la gengiva (provocando una formazione locale di batteri che provoca infezioni), oppure ancora a restare completamente intrappolati sotto la gengiva, formando una sacca (cisti) che può danneggiare sia l’osso, sia i denti che circondano l’area.
I denti del giudizio vengono considerati non funzionali quando:
- sono molto cariati
- si è in presenza di una malattia parodontale. I dati statistici indicano che almeno il 25% dei pazienti con terzi molari è pesantemente affetto intorno a questa area
- provocano dolore
- interferiscono con i denti vicini
- interferiscono con la masticazione
Secondo l’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons, tutti dovrebbero sottoporsi a una valutazione dei denti del giudizio entro i 25 anni di età. I dati statistici sembrano infatti indicare che almeno un terzo della popolazione dovrà sottoporsi a estrazione di questi denti entro l’età indicata. I vantaggi dell’estrazione precoce dei denti del giudizio, intorno ai 16-17 anni, consistono soprattutto nell’evitare future complicazioni. Infatti, in età precoce le radici dei denti non sono ancora completamente sviluppate, l’osso circostante è più morbido, le probabilità di danneggiare i nervi o altre strutture adiacenti sono ridotte, il rischio chirurgico è minore e i tempi di recupero sono più brevi.
Nel quadro del trattamento ortodontico, quando non hanno spazio nell’arcata i denti del giudizio vengono estratti prima di essere completamente formati (germectomia), all’età di circa 12-14 anni. Quando il dente del giudizio non spunta come dovrebbe può in effetti causare vari problemi, per esempio la pericoronarite, l’infiammazione del tessuto molle che circonda il dente. Questa condizione riguarda in particolare i denti del giudizio che sono erotti solo a metà (semi-inclusi), offrendo così una porta di ingresso ai batteri. In questo caso è facile prevedere problemi collaterali come il dolore, il fastidio, la difficoltà ad aprire la bocca, problemi ad alimentarsi (disfagia). Talvolta è sufficiente una terapia antibiotica associata a collutori ma se la condizione si ripresenta l’estrazione è la migliore indicazione possibile.
Le indicazioni per la rimozione dei denti del giudizio sono numerose:
- ridurre le probabilità di dolore inaspettato
- adattare una protesi
- evitare la formazione di carie nei denti del giudizio e in quelli vicini
- come prevenzione della malattia parodontale
- evitare interferenze con la masticazione
- evitare la perdita dell’allineamento naturale dei denti quando non vi è spazio sufficiente perché i denti del giudizio erompano in una posizione accettabile
- evitare la perdita di osso
- evitare la formazione di cisti (sacche contenenti liquido infetto, si formano attorno alla corona del dente)
Tuttavia, una revisione della letteratura corrente pubblicata nel prestigioso Cochrane Database of Systematic Reviews (2005, Issue 2) della The Cochrane Collaboration, un’organizzazione scientifica internazionale che valuta la ricerca medica, sconsiglia l’estrazione sistematica e indiscriminata dei denti del giudizio. Infatti, sostengono gli autori, nonostante non esistano studi affidabili a supporto dell’estrazione di denti del giudizio sani, la sorprendente assenza di dati attendibili non ha scoraggiato l’estrazione dei terzi molari, una pratica considerata per lungo tempo la più appropriata nella maggior parte dei paesi avanzati. L’osservazione regolare (watchful monitoring) sembra invece essere la strategia più indicata, associata a decisioni prudenti che aderiscono a indicatori precisi della rimozione. Basterebbe questo, secondo gli studiosi, per ridurre le procedure estrattive di almeno il 60%.
L’estrazione
L’estrazione dei denti del giudizio è un’operazione delicata. In genere si ricorre a una premedicazione a base di antibiotici nei giorni precedenti l’intervento, eventualmente associata a un anti-infiammatorio steroideo per prevenire l’edema post-operatorio. L’estrazione può aver luogo con anestesia locale. In funzione della disposizione e del numero dei denti da estrarre, l’operazione avverrà in un’unica volta o in due operazioni successive, prima un lato poi l’altro. L’intervento non è piacevole, e malgrado l’assenza di dolore operatorio, l’estrazione richiede grande perizia da parte del dentista. Nei giorni successivi all’intervento è possibile la comparsa di un vistoso ematoma, l’alimentazione tenderà in genere a essere liquida, e il ghiaccio sarà un grande amico. Il post-operatorio è molto variabile tra gli individui, ma i tempi di cicatrizzazione sono senza dubbio più lunghi per i fumatori.
L’osteite alveolare
È una complicazione che talvolta (3-5% di tutte le estrazioni) ha luogo dopo un’estrazione e può essere molto dolorosa. Viene trattata dal dentista con la pulizia del sito di estrazione e l’applicazione nell’alveolo di una medicazione che viene in genere sostituita ogni giorno fino a quando l’alveolo inizia a guarire. Associata all’assunzione di antidolorifici, aiuta a ridurre il dolore. L’osteite alveolare è più spesso associata alle estrazioni difficili o a quelle di natura traumatica - per esempio quelle dei denti del giudizio, in particolar modo quelli dell’arcata inferiore e ancora di più quelli inclusi della stessa arcata - ma in generale è più frequente a seguito dell’estrazione dei denti inferiori rispetto a quella dei denti superiori, dei molari rispetto ai denti frontali. I pazienti che seguono alla lettera le indicazioni post-operatorie del dentista hanno un minor rischio di sviluppare questa condizione, statisticamente più frequente nelle donne, soprattutto in quelle che assumono contraccettivi orali, nei soggetti con più di 30 anni, e nei fumatori. L’osteite alveolare, che compare qualche giorno dopo l’estrazione, è caratterizzata da un odore molto sgradevole e da un cattivo sapore in bocca che sembra provenire dal sito di estrazione. Il dolore può essere moderato o molto intenso e spesso sembra irradiarsi dal sito di estrazione fino all’orecchio. L’alveolo appare “secco” nel senso che è possibile vedere l’osso esposto. La patogenesi esatta dell’osteite alveolare non è ancora pienamente spiegata, ma la sua insorgenza è associata a una situazione nella quale il coagulo che normalmente dovrebbe occupare il sito di estrazione e iniziarne la guarigione non resta in posizione oppure si sposta, ritardandola.
I terzi molari inclusi possono provocare infiammazione delle gengive, patologie delle gengive e dell’osso, danno ai denti adiacenti e sviluppo di cisti e tumori; per queste ragioni esiste un consenso medico generale sulla rimozione dei denti del giudizio in presenza di dolore o di problemi.
Uno studio internazionale coordinato dalla European Association for Cranio-Maxillofacial Surgery, volto a chiarire l’influenza delle condizioni dei denti del giudizio mandibolari parzialmente inclusi sull’incidenza delle fratture mandibolari, condotto su 218 pazienti di età compresa tra 15 e 40 anni con l’ausilio di radiografie panoramiche, mostra che l’incidenza delle fratture nel lato della mandibola in cui sono presenti denti del giudizio parzialmente inclusi è del 30.8%, un valore statisticamente molto più significativo rispetto a qualunque altro gruppo di soggetti.
Tuttavia, i benefici della chirurgia sono molto meno evidenti quando si parla di estrarre denti del giudizio inclusi, ma sani. Nonostante una revisione esaustiva della letteratura in materia, gli autori dello studio non hanno trovato dati conclusivi a sostegno dell’approccio estrattivo. Il dr. Mattes e i suoi colleghi non sono stati in grado di trovare studi affidabili sulla rimozione routinaria dei denti del giudizio negli adulti, e solo due studi riguardano la pratica negli adolescenti, purtroppo condotti su un numero di partecipanti troppo esiguo. Gli studi si concentravano esclusivamente sull’efficacia dell’estrazione dei denti del giudizio nella prevenzione del disallineamento dei denti nell’arcata inferiore, ma nessuno degli studi esaminati è stato in grado di rivelare consistenti vantaggi. Pertanto, la conclusione che l’estrazione dei terzi molari è utile per prevenire il disallineamento degli incisivi entro i 5 anni successivi all’estrazione è infondata.
Concludendo, la controversia sui denti del giudizio è ancora aperta. Come per tutte le pratiche chirurgiche, il chirurgo è incline a operare perché questo fa parte della sua professione. Tuttavia, la sistematica rimozione profilattica dei denti del giudizio inclusi non è basata sull’evidenza scientifica, ma su quella pratica, e sui metodi terapeutici comunemente in uso. Dal punto di vista del paziente il trattamento non chirurgico deve sempre essere la prima opzione, almeno in un ambiente non sintomatico, cioè quando i denti del giudizio sono sani.